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A capo

Communication

Imponderabile e soggettivo. Me verso San Paolo

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Questi post sono tutti raccolti in un file del mio pc.

Nome del file: 1.

Cartella: lezioni di portoghese (non so perché. Boh).

Oggi la primissima riunione phirtuale con lo staff di Vira. ‘Empolgada!’.

Segnale scarso su skype (a volte il Brasile è davvero così lontano?), ma voci di un gruppo che mi piacevano. Un ritmo nelle parole piuttosto lento (l’eleganza ha sempre il suo tempo), comunque ritmatissimo, e soprattutto – paradossalmente – veloce, ma più che le parole ad andare veloci erano credo i pensieri di quelle persone. A pezzi e bocconi sono riuscita a prendere qualcosa: revista, experiência, planejamento, trabalho em grupo, redes, projetos sociais, jovem. Fantasia infinita, direi, il filo che legava certe parole, anche perchè poi si innalzano su, di giorno in giorno, in progetti di coraggiosa portata e tengono unite le menti di squadre appassionate sparse per tutto quell’immenso Paese. Si parla anche del coinvolgimento di stati dell’Africa per alcuni eventi.

Forse riesco a salutarti prima di partire, a metà strada potremmo incontrarci. Tipo Milano.

Distanze che alcuni macinano con la stessa vitalità dei bambini. E’ anche questo un gioco molto serio, come quello dei senza tetto che si spostano ‘solo’ perchè un abbraccio ci vuole. Questione di vita.

Tutto il mondo in fermento. Coinvolti interi continenti per eventi mondiali, uno fra i tanti Rio+you che fa da spalla all’imminente Rio+20 (http://www.uncsd2012.org/rio20/index.html). E’ il ‘+ you’ che mi piace.

E l’idea di una breija per brindare alle cose dette e quindi in parte anche fatte. Le metto in fila, e sono idee di quanto ancora ce n’è da fare. Ancora altro. Un’altra breija.

Sono due giorni che mi sveglio intorno alle 5 del mattino. Non so perchè. Storie di nottambuli.

Unisco tutto questo con qualcosa che sono tornata a leggere dopo tanto tempo. Diceva più o meno così: E’ necessaria questa ricerca e soprattutto una sensibilità ulteriore per comprendere davvero quello che chiamiamo genericamente ‘disagio’ e che ha sempre più a che fare con la parola ‘felicità’. Era il finale di un articolo che avevo scritto e che in una redazione avevano deciso di modificare. Qualche virgola, qualche termine… e alla fine il senso era andato tutto a puttane: felicità e disagio per troppa gente è bene che non abbiano confini troppo distinti nè distinguibili. Ma tant’è.

Non era il finale in sé che mi premeva, quanto il condividerlo dopo un po’ di tempo con una certa persona. Non so se quella prima presentazione di me abbia realmente raggiunto lo scopo che io intendevo (guardami bene: pensi davvero di riuscire a vedermi tutta intera? perché… se dico ‘piedi-pesci’ ho la presunzione di pensare che puoi benissimo comprendere di cosa e di come nascano le parole fra noi). Gli scopi sarebbero tutti sempre da rivedere, come i finali. O meglio, sarebbe bene rinunciare almeno per qualche ora di un’intera giornata a finali definiti, per evitarci di toglierci con le nostre stesse mani la libertà che tanto spesso rivendichiamo.

Libertà di essere, senza per questo rinunciare a un’identità che ci renda uguali, anche alla fine. E quindi, mai più soli.

Ma anche di pensieri conclusivi - ieri leggevo - sarebbe bene farne a meno. Mi si riempiva il cuore di riga in riga: ‘’chi si ferma un attimo prima della conclusione dei suoi pensieri, pensa ancora, ma chi pensa anche soltanto l’attimo successivo smette di pensare, ed è questa tutta quanta la differenza che corre tra il pensare la conclusione dei propri pensieri e il pensare soltanto la possibilità del proprio pensiero’’. Tutto qui.

(http://www.libreriauniversitaria.it/seconda-nascita-gargani-aldo-moretti/libro/9788871864556)

Forse è giusto che mi svegli all’alba in queste mattine. E’ giusto, direi pure naturale, che arrivi a sera e abbia gli occhi rossi e cerchiati dopo essere stata dapprima in un centro per disabili in cui proprio le persone normodotate sembrano essere quelle con più difficoltà nel capirsi e farsi capire, e poi trovarmi attaccata al pc per essere trascinata fino a San Paolo, dove hanno già stravolto il mio nome di battesimo (e non solo quello... che bellezza). E’ giusto forse arrivare alla sera e sentire che il cuore è legato ancora – concedetemi un sempre - agli amori più belli e terribili, che somigliano nei miei sogni a un’immagine di me, sdraiata su un divano, con una sciarpa di lana nera caldissima al collo e uno scorpione nero lucente che, con eleganza e nel più assoluto silenzio, l’attraversa. Un sogno bellissimo. Terribile. Ma bellissimo.

Con gli amori nella testa, l’immagine di noi più bella, posso perdonarmi un’insonnia di qualche settimana o forse di più. Chi lo sa…

http://www.youtube.com/watch?v=XmSoW6H5ViI

 

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